
La tua dualità espressiva, incarnata nei progetti “its ananke” e “Kataba”, rivela una costante ricerca e sperimentazione artistica. Quali intuizioni e decisioni creative ti hanno guidato nel tuo percorso come musicista, e come hai affrontato la sfida di integrare queste diverse influenze nel tuo stile distintivo?
Intanto grazie per l’opportunità.
I due progetti sono separati perché its ananke propone musica strumentale, principalmente beat hip hop con influenze soul e jazz, mentre Kataba è il nome che uso quando sfrutto anche la mia voce.
In realtà, tutto è successo semplicemente. Fin da ragazzo ho avuto due grandi passioni: musica e scrittura. Da lì in poi è stato tutto un naturale approfondimento di questi due mondi sconfinati. Per questo motivo spesso i due progetti convergono, o almeno quando sento il bisogno di esprimermi anche attraverso le parole.
Rispetto a intuizioni e decisioni che hanno guidato il mio percorso, 3 sono state sicuramente significative:
1) La prima volta che ascoltai un brano hip-hop.
Come per tanti altri ragazzi della mia generazione, lì per me successo qualcosa di irreversibile e ho cominciato ad amare le cose di cui ho appena parlato.
2) L’acquisto del primo campionatore, che mi ha permesso di capire meglio la tecnica e il sapere necessari alla produzione di un brano. È stata una tappa fondamentale anche per dare un’impronta personale al suono che stavo cercando.
3) La nascita di Santa Cricca.
Sono dell’idea che il confronto, non solo nella musica, sia importantissimo per la crescita di un individuo. Per fortuna lungo il mio percorso ho trovato amici e musicisti con cui condividere idee, momenti, interessi.
Cosa ha destato in te l’interesse per il suono e la sua trasformazione in
musica? In che modo hai percepito l’impatto della scena hip-hop e dell’underground sul tuo percorso artistico? Quali riferimenti musicali ti hanno ispirato e come, nel corso del tempo, queste influenze hanno interagito e si sono evolute all’interno dei tuoi progetti musicali?


Sono domande toste ed è ancor più difficile essere esaustivo in una risposta così breve. Provo a dire qualcosa di non banale: assodato che l’hip-hop è la musica più ascoltata a livello globale da almeno 20/30 anni a questa parte, credo sia doveroso parlare di diversi tipi di hip-hop, o correnti se vogliamo.
Quello che mi ha sempre attratto di più, e quello che nel mio piccolo provo a proporre, è un tipo di hip-hop intimistico, personale, contaminato da parole e suoni che si trovano spesso e volentieri nei dischi soul e jazz; penso ad esempio a un tema gigante di questi generi quale è l’amore, declinato di volta in volta come amore per qualcuno, per il prossimo, per la cultura in generale. Difficilmente si pensa in questi termini quando si pensa all’hip-hop in modo astratto, quando invece è l’ennesima cultura che nasce dall’amore, dalla festa, dall’unione. Questo anche perché, soprattutto nel rap italiano, il tema probabilmente è stato percepito dai più come poco testosteronico, quindi inadeguato a un genere a forte dominanza maschile.
Rispetto al modo di affrontare certi argomenti, per un periodo si è parlato di conscious rap: un tipo di rap strettamente personale, confidenzale, un rap che più che fornire risposte approfondisce domande, con taglio (auto)analitico, poetico e spesso anche sociale. Se penso al mio modo di scrivere, probabilmente anche io mi inserisco all’interno di questa scia.
Il tuo ruolo da cofondatore del collettivo Santa Cricca, attivo a Bologna dal 2024, rappresenta senza dubbio una tappa cruciale nella tua carriera artistica. Qual è stato il motivo principale che ti ha spinto a collaborare con altri musicisti per dare vita a questo progetto?
Come accennavo, a Bologna ho avuto la fortuna di incontrare persone che poi sono diventate parte integrante della mia vita di tutti i giorni. A parte un forte legame di amicizia, ad accomunarci è stata una certa idea di fare musica.
In un settore che è sempre più legato a numeri, algoritmi, strategie, rivendichiamo la qualità e il bisogno di sperimentare creativamente, senza porci necessariamente obiettivi legati all’idea di successo che certi schemi di pensiero vogliono imporre.
Spontaneità e amicizia sono alla base del nostro modo di vivere la musica e chi ci segue ci riconosce questa qualità. Se proprio vogliamo definire un obiettivo, ci farebbe piacere far affezionare sempre più persone alla nostra proposta musicale, che è quella di un hip-hop che affronta tematiche quotidiane, disimpegnate, a tratti poetiche, fortemente influenzato da sonorità jazz e neo-soul. Stiamo provando a usare lo stesso approccio anche nei live, presentandoci in 6 sul palco e suonando gli strumenti dal vivo.





Il tuo ultimo brano “Scilla”, si distingue per le sue immagini potenti e evocative, che intrecciano ricordi personali, la dimensione della famiglia e il richiamo al territorio calabrese e lo Stretto. In che modo questa dualità di elementi si riflette nel tuo processo creativo? Qual è il ruolo della
Calabria nella tua musica?
Scilla è un brano che ho scritto molto rapidamente. Se dovessi pensare a un’immagine lo racconterei come un flusso d’acqua bloccato nel suo percorso da qualche macigno. Quando l’ho scritto è stato come levare quel peso, far strabordare qualcosa che ristagnava da un po’.
Sono particolarmente affezionato a questo brano perché è uno di quelli che in gergo vengono chiamati storytelling, pezzi in cui viene raccontata una storia. In particolare, Scilla racconta una parte della mia crescita attraverso immagini familiari, paesaggistiche, mitiche. Quello che mi importava era cercare di rielaborare una parte del mio vissuto, cercando di essere il più aderente possibile a ciò che volevo dire, senza risultare autoreferenziale o già sentito.
Ho cercato di sfruttare la potenzialità di certi nomi – Scilla, Caronte, Morgana ad esempio – che per noi calabresi sono di impiego quotidiano, ma che per un ascoltatore “straniero” evocano un immaginario lontano. Ecco, questo intrecciarsi di memoria personale e mitica è la cosa che mi piace di più del brano, e probabilmente del luogo da cui provengo.
Con l’uscita del tuo EP “Morgana” prevista per marzo 2025 e considerando
l’influenza delle sonorità moderne del Jazz Rap, del Neo Soul e dell’RnB
nella tua musica, quali tre album ci consiglieresti di ascoltare per
prepararci all’EP? Perchè ce li consigli?
Visto che parlavamo di Scilla, parlo di un disco proprio in quel pezzo. Il disco in questione è The Shining di J Dilla, capolavoro del jazz hip-hop americano e disco che probabilmente mi ha cambiato la vita. Ricordo come se fosse adesso la prima volta che ascoltai So Far To Go. Lo consiglio perché è da qua che ho capito che è possibile fare hip-hop in un certo modo, parlando di certe tematiche, e con una certa idea di ritmo.
Consiglio poi l’ultimo disco dei Funk Shui Project, Polvere. Questo lo consiglio perché è il loro ultimo bel lavoro e possono essere tranquillamente considerati fra i pionieri del genere in Italia. Per chi non li conoscesse, sono sicuramente il gruppo che più di tutti ha proposto in Italia un modo di fare hip-hop fortemente contaminato dal jazz, dal funk, dal soul.
Ultimo consiglio è Bernie Says di Jake Milliner, produttore londinese con cui ho avuto il piacere di suonare a Bologna nel 2023. È un album che scorre meravigliosamente e che coniuga bene beatmaking, strumenti, rap. Anche lui è stato fra i miei ascolti principali mentre producevamo Morgana.
Chi è Itsananke?

Nasce a Palmi nel 1996. Da giovanissimo, studia il basso e si appassiona alla cultura hip-hop, dedicando particolare attenzione alla scrittura rap e al sampling (campionamento). Vive da una decina d’anni a Bologna, dove si laurea in Letterature Comparate e prosegue la sua ricerca artistico-musicale. Durante questi anni consolida le sue conoscenze di musica elettronica e affina contemporaneamente la scrittura. Al momento, porta avanti più progetti musicali, nelle vesti di its ananke (musica strumentale) e Kataba (jazz rap). È tra i fondatori del collettivo Santa Cricca, attivo a Bologna dal 2024. La proposta musicale di Santa Cricca è fortemente influenzata dalle sonorità moderne del Jazz Rap, del Neo Soul e dell’RnB. Come its ananke, la sua musica è stata pubblicata da etichette iconiche dell’hip-hop strumentale, come Hip Dozer, Beat’s Tailors, Vinyl Digital, Kicker Records, Echo World ecc. Come Kataba, sono stati recentemente distribuiti i due singoli Orinoco e Scilla, che anticipano l’uscita dell’EP Morgana, previsto per marzo 2025.
Chi è Santa Cricca?

Collettivo nato a Bologna nel 2024.
Principalmente proponiamo hip-hop suonato con influenze electro-jazz, ma non disdegniamo la cassa dritta o il funk da balera. Siamo in 6 e spesso interscambiabili, eterogenei, bravi guaglioni.
> Kataba, Metiuman, MORE L, ‘dot.Rolamo, Rocco Marino, DOMBE.
https://www.rockit.it/santa-cricca