F come FILO

filo1 s. m. [lat. fīlum] (pl. –i; con valore collettivo e in locuz. particolari anche pl. f. le fila). – 1. a. Corpo lungo, sottile, di forma cilindrica, in genere a sezione costante, di vario materiale, che ha molteplici applicazioni ed è variamente denominato in relazione sia al materiale di cui è costituito sia alla funzione che deve compiere.

ROSSANA TAORMINA
Ninfa, 2021, ricamo a mano su foto trovate, 19 x 33 cm(irregolare)
1937
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Cosa dice sul Filo Graziella Romeo?
Partendo dalla mitologia greca possiamo prendere come primo riferimento la leggenda delle moire. Le tre moire erano le dee del destino: Cloto, ossia la “filatrice“’, utilizza lo stame per inaugurare la nascita dell’uomo; Lachesi, anche definita come “la fissatrice della sorte”, provvede a definirne il destino; infine Atropo, la “irremovibile”, lo recide nella fatalità della morte.
Un’ulteriore leggenda sul filo ci viene dal Giappone:
Il filo rosso del destino, in giapponese 運命の赤い糸 unmei no akai ito, è un’antica credenza popolare giapponese che trova le sue più profonde radici in una storia cinese di Li Fuyan dal titolo 定婚店 dìng hūn diàn, “La locanda dei matrimoni predestinati”. Secondo la tradizione cinese l’unione matrimoniale e, di conseguenza, il sentimento amoroso in sé sono di competenza di una divinità ultraterrena, nello specifico del Dio dei Matrimoni, che ha il compito di legare con un filo rosso i piedi dei futuri marito e moglie, fin dalla loro nascita. La storia rimane pressoché invariata ma in Giappone si pensa che ad essere legati non siano i piedi bensì i mignoli della mano sinistra.
Il filo viene intrecciato seguendo le logiche della trama e dell’ordito, che consente di costruire un tessuto. Si potrebbe affermare che esso sia l’oggetto simbolo dell’industria della moda. L’arte contemporanea se ne appropria, utilizzando filo e tessuto per esprimere una sensibilità prevalentemente femminile.
La ‘fiber art’ inaugura questa pratica, utilizzando questo mezzo e declinandolo secondo la propria visione e sensibilità.


L’artista italiana Maria Lai trasforma l’utilizzo delle materie tessili facendolo diventare la sua tecnica artistica. L’artista sarda si fa affascinare dalle antiche tradizioni della sua terra, utilizzando tessuti, scarti e ricamo. La sua opera più rappresentativa, Legarsi alla montagna, non è esclusivamente un’opera tessile ma soprattutto relazionale, in cui il filo lega, unisce e collega le fitte trame esistenziali di un’intera comunità.
Legarsi alla montagna, di Maria Lai, fu un evento unico a cui partecipò l’intera comunità di Ulassai in un giorno simbolico di resa come l’8 settembre, ma era il 1981. L’operazione materiale durò tre giorni, protagonista nessun maresciallo, solo un nastro azzurro lungo 27 km. Il primo giorno venne tagliato, il secondo fu distribuito e il terzo, fu legato fra porte, finestre e terrazze di case, ridisegnando così le relazioni vecchie e nuove fra donne, bambini, pastori e anziani. Fu una festa senza precedenti. Alla fine delle manovre, scalatori esperti legarono il nastro al Monte Gedili, la montagna più alta sopra il paese, luogo emblematico per il sostentamento che nella memoria collettiva era stato anche portatore di morte.



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Cosa ti viene in mente se pensi ad un FILO?