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Caos a Broadway!
Un pocket musical
Abbiamo incontrato Carlo Aurelio Colico autore di musica, libretto e regia di una commedia musicale esplosiva, che porta in scena il fascino, le follie e gli imprevisti del mondo del teatro.
Cosa ti ha ispirato a scrivere una commedia musicale che esplora il fascino,
le follie e gli imprevisti del mondo del teatro?
L’ispirazione per questo spettacolo è nata dal desiderio di raccontare i retroscena di un debutto teatrale, eternamente avvolti da un alone di mistero e curiosità che il pubblico ha il desiderio di scoprire.
Caos a Broadway racconta tutto ciò che lo spettatore non vede: persone, stati d’animo, imprevisti, conflitti, grandi sogni, insomma “il grande spettacolo della vita” che va in scena a sipario chiuso.
In che modo la musica e le canzoni contribuiscono a raccontare la storia e a sviluppare i personaggi in “Caos a Broadway“? Ci sono riferimenti o influenze musicali e artistiche specifiche che hai voluto incorporare?
La musica, soprattutto nel teatro musicale, è un secondo tracciato narrativo. Racconta e si evolve come si evolvono i personaggi nell’arco del loro viaggio. Optando per un formato tascabile, ho operato una minuziosa selezione delle musiche e dei numeri musicali da inserire. E tutti raccontano una storia, sono fortemente radicati alle liriche.
La musica che ho composto sottolinea il significato dei versi, lo accentua, dimentica la sua funzione estetica per diventare gesto drammaturgico a sostegno della narrazione. Eccezione fatta per la “I Wish song” un must del comedy musical all’interno della quale vengono confessati al pubblico i grandi desideri e timori di Lola, una segretaria chiamata a diventare un’attrice. Questo spettacolo è un omaggio che faccio al Teatro Musicale nel senso più lato e aperto. Ci sono riferimenti dichiarati ai grandi musical di Broadway, all’opera lirica, a cui io guardo con grande ammirazione. Il tutto è stato sintetizzato con l’intento di raccontare bene una storia, scegliendo stili e generi che più ritenevo appropriati alla narrazione, anche traendone effetti comici parodistici.
In un’epoca di spettacoli teatrali sempre più elaborati, perché hai scelto di adottare un formato di “Pocket Musical“? Quali vantaggi pensi che questo approccio porti sia agli attori che al pubblico?
Ho scelto il formato “Pocket Musical” perché mi piacciono le sfide difficili. Un musical con tre interpreti sul palcoscenico è una sfida coraggiosa, ma è una dimensione più intima e confidenziale del genere. Lo spettatore si immedesima con più facilità, abbandona l’idea spettacolarizzante, tipica del genere, per farsi condurre per mano all’interno della storia e appassionarsi alla vicenda. Le linee melodiche sono poche, riconoscibili dallo spettatore nell’arco narrativo, una prospettiva ulteriore, un sottotesto univoco che riconduce ciò che accade a ciò che quella musica rappresenta.
Sul piano interpretativo, più che vantaggi, sono molteplici le difficoltà. Più si ridimensiona la scena, più si sottraggono elementi d’aiuto, più l’attore deve essere bravo, convincente ed emozionante. Sarà strano, ma è più difficile fare questo genere, che un musical vero e proprio, a mio parere.
Quale consiglio daresti a qualcuno che non ha mai avuto l’opportunità di confrontarsi con il genere del musical e sta considerando di assistere a uno spettacolo?
In Italia circolano tanti e vari spettacoli che riuniamo sotto la parola musical, ma che spesso con il musical hanno poco a che fare. Il rischio che si corre è di generalizzare e chiamare musical quello che poi nella pratica è a tutti gli effetti un concerto in versione semiscenica. Può sembrare rigida la mia considerazione, rigidità che opero anche su di me e su ciò che scrivo, ma il musical non può prescindere il suo forte carattere teatrale, su cui ultimamente si tende a glissare sopra. Il consiglio che do a chi si vuole dare l’opportunità di assistere ad uno spettacolo di questo tipo è quello di informarsi, raccogliere informazioni, come faremmo con un film. Chi c’è nel cast, il regista, il compositore, con una maggiore apertura ai nuovi e giovani talenti, che spesso hanno la sola colpa di non avere ancora un “nome”. Consiglio di lanciarsi, darsi e darci una possibilità. Potrebbe essere amore a prima vista.
Quale album musicale consiglieresti di ascoltare prima di assistere al musical per prepararsi al meglio allo spettacolo?
Album che consiglierei sono sicuramente i grandi musical della Golden Age di Broadway: “Hello, Dolly!” “Gypsy” “ “She Loves Me” “Kiss me, Kate!”. Lasciatevi trasportare dal respiro degli arrangiamenti che, sintetizzando magistralmente il respiro fiabesco dell’orchestra e il forte coinvolgimento swing delle Big Band, danno vita al famoso e affascinante “Broadway Sound” a cui i compositori di musical, io soprattutto, aspiro.
Chi è Carlo Aurelio Colico?

23 anni, autore e compositore, studente in Composizione e Maestro Collaboratore presso il Conservatorio “F.Cilea”.
Inizialmente avvicinatosi da interprete, negli ultimi anni si dedica alla composizione del Teatro Musicale, coniugando la passione per il teatro al talento compositivo. Firma dal 2019 le colonne sonore di musical come “Pinocchio”, “Regina di Cuori” e “Canto di Natale”.
In questi giorni sta debuttando in teatro con la sua nuova commedia musicale “Caos a Broadway” di cui firma le musiche, il libretto e la regia.